
Versace torna a casa: l’acquisizione del secolo firmata Gruppo Prada
Con un’operazione da 1,25 miliardi di euro, Prada riporta in Italia la maison fondata da Gianni Versace, aprendo una nuova era nel sistema moda. Tra strategia, creatività e geopolitica del lusso, il futuro si scrive ora.
Milano non è soltanto la capitale della moda. È un epicentro. E oggi, quell’epicentro ha tremato. La notizia è ufficiale: il Gruppo Prada ha acquisito Versace da Capri Holdings per 1,25 miliardi di euro, in un’operazione destinata a rimescolare le carte di tutto il comparto del lusso europeo. L’accordo, ancora in attesa delle approvazioni finali, è stato annunciato con un comunicato che non lascia spazio a dubbi: si apre una nuova era per la maison fondata da Gianni Versace nel 1978. Una maison che, da simbolo dell’edonismo postmoderno, si prepara a diventare il nuovo fulcro creativo del gruppo più raffinato e identitario del made in Italy.
Le parole di Patrizio Bertelli, presidente e CEO del Gruppo Prada, sono misurate e chirurgiche: “Siamo lieti di accogliere Versace e costruire un nuovo capitolo per un marchio con cui condividiamo impegno verso creatività, artigianalità e patrimonio”. È, a tutti gli effetti, un ritorno a casa. Ma non si tratta di nostalgia. Questo è un gesto politico, strategico e profondamente culturale.
Un prezzo (non) simbolico: quando il valore di un brand non si misura in miliardi
L’operazione, chiusa a un prezzo inferiore alle attese iniziali (si parlava di 1,6 miliardi), è stata rinegoziata al ribasso negli ultimi giorni, anche a causa delle nuove tensioni commerciali tra Stati Uniti e Europa. Come anticipato dal Financial Times, i dazi imposti da Washington avrebbero inciso negativamente sulle prospettive commerciali di Versace, giustificando uno sconto superiore ai 200 milioni di euro. Un segnale forte, per certi versi ironico: il marchio forse più “americano” tra quelli italiani torna nel grembo del suo paese proprio perché gli Stati Uniti non sono più un terreno fertile.
Nel 2019, Capri Holdings aveva acquistato Versace per oltre 2,1 miliardi di dollari — all’epoca, circa 1,83 miliardi di euro — promettendo di farne la punta di diamante di un conglomerato globale del lusso. Quelle promesse si sono infrante sulla realtà. Il tentativo di fusione con Tapestry (Michael Kors, Coach, Stuart Weitzman), bloccato dalla Federal Trade Commission statunitense, ha portato alla disgregazione del progetto iniziale. E il Gruppo Prada ha colto l’occasione, con un tempismo perfetto.
Addio Donatella, benvenuto Dario Vitale
C’è una differenza abissale tra entrare in un conglomerato finanziario e entrare nel Gruppo Prada. Prada non è LVMH, né Kering. È un ecosistema chiuso, curato, lento, ossessivamente coerente. È il contrario della bulimia di brand vista altrove. E questa acquisizione è il primo, vero scatto laterale della sua storia.
La logica non è quella della moltiplicazione, ma della rielaborazione identitaria. Versace, Prada, Miu Miu: tre nomi, tre linguaggi, tre generi. Nessuno ridondante, nessuno ancillare. È una strategia editoriale, non commerciale. Bertelli e Miuccia non comprano per colonizzare. Comprano per ri-significare.
La vera sfida sarà trasformare l’estetica urlata di Versace — oro, Medusa, muscoli e pelle — in qualcosa che possa dialogare con l’intellettualismo rarefatto di Prada e l’ironia filtrata di Miu Miu, senza perdere la sua voce. Un equilibrio difficilissimo, ma potenzialmente rivoluzionario per un brand che negli ultimi anni si è limitato a replicare se stesso.
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La geografia del lusso sta cambiando. E il baricentro si sposta a Milano
Non sarà un percorso lineare. Versace ha bisogno di tempo, di visione, di respiro. Ma ha anche una fanbase internazionale, una legacy visiva potentissima, e ora — finalmente — un contenitore culturale coerente. Prada ha le risorse, il know-how, e soprattutto la pazienza per ricostruire l’identità di un marchio che è stato tanto amato quanto frainteso.
E Dario Vitale, con il suo profilo quasi anonimo, è forse la carta vincente. Perché la prossima rivoluzione del lusso non sarà guidata da star system e hype, ma da chi sa interpretare il tempo con precisione chirurgica. La stessa precisione che oggi, in silenzio, ha riscritto la mappa del fashion italiano.
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Daniele Conforti