Stefano Gallici è il nuovo direttore creativo di Ann Demeulemeester
Incalzano i ritmi della moda: oggi una collezione è sufficiente a decidere il destino di un direttore creativo. Succede così per il brand Ann Demeulemeester, parte degli emblematici Antwerp Six e tornato sotto i riflettori nelle ultime stagioni.
Alla frenesia del sistema moderno, dove a dettare in e out sono caduchi micro-trend, si adatta il ritmo sempre più convulso del fashion system. Tanto che, a poche settimane dalla dipartenza di Ludovic De Saint Sernin, Stefano Gallici viene nominato come direttore creativo di Ann Demeulemeester.
Chi è Stefano Gallici?
Italiano, classe 1996, Stefano Gallici si forma all’università LUAV di Venezia, prima di muovere i primi passi della sua carriera. Milita ad Anversa prima come assistente designer di Haider Ackermann e a Parigi poi, andando in forze al team creativo del menswear di Ann Demeulemeester. Per il brand, il giovane creativo lavora all’ufficio stile sin dal 2020. In pochi anni si erige come figura chiave per lo sviluppo del brand, dimostrando immediatamente un’enorme creatività e una chiara visione per il futuro del marchio.
Della sua vita privata sappiamo pochissimo, abbiamo a disposizione soltanto un feed Instagram, da cui traspare un’identità definita, lontana da hype ed effimere tendenze, trainata piuttosto da un’estetica pulita, in black and white, congrua alla tradizione identitaria di Ann Demeulemeester.
Chissà se l’estate ci permetterà di conoscere meglio Stefano, o se dovremo aspettare fino al 30 settembre, quando il neo creative director presenterà la sua prima collezione, durante la settimana della moda di Parigi.
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Ann Demeulemeester fra ieri e oggi
Sensualità, romanticismo gotico, costruzione lontana dai principi tradizionali. Non minimalista, quanto piuttosto pulizia sovversiva, schiettezza punk. La dipartenza di Ludovic De Saint Sernin dimostra come, tuttavia, una complicità d’intenti non sia sufficiente a sottrarsi ai dissacranti ritmi, apparentemente crudeli, che caratterizzano sempre più maison di moda.
Perché la sua ricerca di bellezza, in bilico fra sensualità e irriverenza, sposa la visione primordiale della fondatrice del marchio, l’omonima Ann Demeulemeester.
Conosciuta come parte degli Antwerp Six (insieme a Walter Van Beirendonck, Dries Van Noten, Dirk Van Saene, Dirk Bikkembergs e Marina Yee) la stilista rivoluziona, nel 1986, la settimana della moda londinese, per poi cambiare la reputazione internazionale dell’estetica belga.
Si oppone sin da subito alle forme ampollose degli anni Ottanta, fino al 1992, quando presenta la sua prima collezione femminile durante la Fashion Week parigina.
Sovrapposizioni, blocchi, incroci: Ann Demeulemeester caratterizza le sue collezioni con apporti innovativi continui, trascendendo dalle tendenze che caratterizzeranno i decenni. Le sue creazioni sono spesso asimmetriche, fluide, tanto da precorrere i tempi: mescola codici della moda maschile a quelli femminili. Un androginismo ironicamente rigoroso e sognante, con svariati riferimenti all’arte e alla letteratura.
Iconico è il corsetto in pelle scolpita, sulla falsa riga dell’esoscheletro di un insetto, con fasce in pelle nera che accompagnano i movimenti del busto. Oltre alla camicia destrutturata, dall’attitudine bohémien, Ann Demeulemeester fa proprio l’utilizzo delle piume, particolarmente apprezzate anche dall’ex direttore creativo Ludovic de Saint Sernin. Sono un suo vero e proprio feticcio, portante in passerella sin dal 1992, sinonimo di libertà, umiltà e legame con la natura.
Quando ho conosciuto il mio futuro marito lui indossava una giacca nera con una piuma di piccione nel taschino. È stato un momento magico, e credo che abbia influito sul modo in cui uso le piume.
Ann Demeulemeester per Vogue
Per l’Autunno/Inverno 2009 il busiter si compone di una sequela di cinture da giustapporre a un abito fluttuante. Le cerniere, altro tratto distintivo della designer, sono invece protagoniste dell’Autunno/Inverno 2011: uniscono diversi strati di pelle nera, a formare una gonna dalla lunghezza modulabile.
Giunto il 2013, Ann Demeulemeester, con una lettera scritta a mano, lascia il brand, cedendolo a Sebastien Meunier prima, all’imprenditore Claudio Antonioli poi.
Antonioli è proprietario del concept store omonimo con sedi a Milano, Torino, Lugano e Ibiza e co-founder di NGG Group, con quote di maggioranza dei brand Marcelo Burlon County of Milan, Off-White c/o Virgil Abloh, Palm Angels, Unravel Project, Heron Preston, A Plan Application, Alanui e Kirin by Peggy Gou. A sua volta nel 2019 NGG è stato acquisito da Farfetch.
È Antonioli che appunta Ludovic de Saint Sernin come direttore creativo del marchio. Classe 1991, belga di nascita ma cresciuto in Francia e diplomato in Fashion Design presso l’ESAA Duperré, Ludovic inizia la sua carriera da Dior per poi passare a Saint Laurent e Balmain.
Nel 2017 fonda il suo omonimo brand e lo scorso marzo presenta la sua prima collezione per Ann Demeulemeester durante la settimana della moda di Parigi.
Ludovic porta le sue creazioni agli Oscar, grazie a Hunter Schafer, e sul palco dell’Ariston con Mamhood. Apprezzano la sua visione creativa anche Kendall Jenner, Vittoria Ceretti e Chiara Ferragni.
Ma arrivato dicembre, a causa di una serie di divergenze con il management dell’azienda, si separa da Ann Demeulemeester. Gli viene concessa una sola collezione.
Un addio precoce, sì. Ma di questi tempi se ne vedono parecchi. Giovani designer elevano la portata internazionale di un brand per essere allontanati subito dopo. Le ragioni di questo ciclo? Pressioni interne che richiedono risultati delle vendite sempre in crescita, mancanza di preparazione per gestire squadre e sistemi grandi e complessi.
E poi i critici: accanto a chi apprezzava la sua semplicità e i richiami d’archivio si stagliava chi rivedeva una lettura troppo personale del lavoro della celebre designer belga.
Toccherà lo stesso futuro a Stefano Gallici? Chi vivrà, vedrà.
Daniele Conforti