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Sei più una ragazza Miu Miu o una donna Prada?

Due anime, una sola matriarca. La rivoluzione permanente di Miuccia Prada riscrive l’identità femminile con due codici estetici opposti e interscambiabili. Sfacciata, raffinata, ossimorica: la moda secondo Prada non si indossa, si vive.

Nel 1996, una scarpa definita da più parti “la più brutta del mondo” – una zeppa in pelle anticata color fango firmata Prada – andò esaurita nel giro di giorni. Non era una provocazione gratuita, era un manifesto. Venticinque anni dopo, le minigonne slabbrate e irriverenti della collezione primavera/estate 2022 di Miu Miu scalavano vertiginosamente il Lyst Index, diventando il simbolo visivo di una generazione che usa la moda non per piacere, ma per esprimersi.

Il punto non è più cosa è bello e cosa no. Il punto è chi sei quando indossi certi abiti. Ed è qui che l’identità bifronte costruita da Miuccia Pradala ragazza Miu Miu e la donna Prada – si fa strumento di analisi sociale, culturale, persino esistenziale.

Non è solo una questione di età o di etichetta. È una questione di temperamento, di dispositivi visivi attraverso cui si legge e si interpreta il mondo. Miu Miu non è la sorellina impertinente. Prada non è la sorella maggiore snob. Sono due frammenti complementari di un’unica visione: quella di una donna che, a 75 anni, continua a decostruire l’idea di femminilità pezzo dopo pezzo.

Chi è la Miu Miu girl? E cosa dice di noi?

Nasce nel 1993 come costola ribelle della maison principale. Ma Miu Miu si emancipa in fretta. Fin dal debutto alla New York Fashion Week, con una Kate Moss post-grunge in passerella e Drew Barrymore davanti all’obiettivo di Ellen von Unwerth, è chiaro che si tratta di qualcosa di più che una “diffusione”.

C’è Chloë Sevigny ad aprire la collezione SS96 a Bryant Park, reduce dal film Kids e dall’immaginario pulp dei videoclip dei Sonic Youth. Ci sono le it-girls, le attrici indie, le intellettuali travestite da lolite, le donne adulte travestite da bambine. C’è il caos elegante di Milla Jovovich, il fascino opaco di Maggie Gyllenhaal, la contraddizione ambulante di Lindsay Lohan.

C’è anche Qin Hiulan, settantasettenne collezionista di Shanghai, e Hailey Bieber, con il suo seguito da 50 milioni di follower. E poi Troye Sivan, Willem Dafoe, Emma Corrin: la Miu Miu girl, evidentemente, non ha genere, età, latitudine. Ha solo uno stato mentale. La Miu Miu girl non cerca di essere diversa. È semplicemente consapevole di esserlo.

Ma per capire Miu Miu, devi prima capire Prada

Chi pensa a Miu Miu come a un laboratorio sperimentale, ha ragione solo in parte. Perché Prada è il corpo teorico, Miu Miu è il campo applicativo. E se Miu Miu è irriverenza incanalata, Prada è sottrazione controllata. Entrambe, però, sono sorelle gemelle della stessa madre: l’ironia profonda di Miuccia.

Prada non ha bisogno di urlare. Gioca con codici classici e li contamina, li piega, li rovina. Il tailleur non è mai un tailleur. Il vestitino nero non è mai solo un vestitino nero. Ogni collezione è un interrogativo etico travestito da outfit.

C’è chi la definisce “moda per intellettuali”, ma sarebbe riduttivo. Perché la donna Prada non ostenta cervello: lo indossa. L’ossessione per il neorealismo italiano, per i film di Rossellini e De Sica, per le “pussy blouses” anni Cinquanta accoppiate a gonne asimmetriche post-atomic age, è una forma di narrazione visiva.

E ogni volta che Miuccia gioca con il brutto — che si tratti del marrone torbido della SS96 o della serialità noiosa della FW2000 — lo fa per costringerci a guardare il bello con occhi diversi.

 

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La moda come pensiero laterale: algoritmi, nevrosi e disturbi visivi

Il bello non è più funzionale. Il bello, oggi, è sospetto. E Prada lo sa. La sua SS25, una riflessione visiva sull’epoca dell’algoritmo, non offre risposte ma visualizza l’ansia. È moda come stress test. Come overload sensoriale.

Eppure nulla è casuale. Nella dialettica prada/miu miu, il brutto diventa materia prima da scolpire. È ciò che sfugge alla perfezione, che rende unico un volto, un abito, un gesto. È il motivo per cui i feed di TikTok sono invasi da remake dei look della SS24 di Troye Sivan: polo sovrapposte, pantaloncini plissettati, borse caotiche piene di charms. Una bellezza disordinata, ma pienamente strategica.

La verità? In un’epoca in cui tutti seguono le tendenze, Prada e Miu Miu continuano a crearle. Con un passo in avanti e uno di lato. Sempre fuori fuoco. Sempre in anticipo.

Per chi è cresciuto sentendosi fuori posto — troppo magro, troppo scuro, troppo queer, troppo vecchio, troppo introverso — Prada è rifugio. Miu Miu è liberazione. Non si tratta di “inclusività” da campagna pubblicitaria. Si tratta di estetica come linguaggio politico.

Perché nei vestiti di Miuccia non ci si adegua a un modello. Lo si disfa, lo si ibrida, lo si ricostruisce con nuovi parametri. La “bruttezza”, nel suo lessico, è verità che non si trucca. E la moda, in questo contesto, è dispositivo poetico, non decorativo.

Daniele Conforti