
La Moda come elemento essenziale per il Salone del Mobile 2025
Dal vetro tattile di Hermès al tram incantato di Swarovski, il Salone del Mobile 2025 è la sfilata più potente dell’anno. E i brand moda? Registi di esperienze sensoriali, non semplici espositori.
È diventato impossibile distinguere dove finisce il design e dove inizia la moda. Non è contaminazione, non è dialogo: è fusione atomica. Il Salone del Mobile 2025 è il teatro più potente di questa convergenza, e il Fuorisalone è il suo palcoscenico più radicale.
Milano, dal 7 al 13 aprile, non è solo capitale del design: è laboratorio performativo del desiderio. Le boutique si trasformano in installazioni immersive, le gallerie diventano spazi emozionali, i flagship store fanno storytelling più che retail.
Non è un’esagerazione: sono 1.650 eventi, 278 milioni di euro di indotto previsti (Confcommercio), e code da 300 metri per entrare in uno showroom da 80 mq. Ma la vera notizia è chi sta orchestrando tutto questo. Le maison. Le grandi, ma anche le più sottili. Le modaiole, ma soprattutto quelle che fanno sistema.
Hermès: il bianco totale, il vetro che vibra, il colore che esplode. Ogni oggetto è una rivelazione
Alla Pelota, nel cuore di Brera, Hermès non espone: evoca. L’installazione, firmata da Charlotte Macaux Perelman e Alexis Fabry, è un’opera ambientale che gioca con l’assenza. Lo spazio, completamente bianco, è invaso da volumi sospesi che sembrano galleggiare in un silenzio irreale. Ogni volume contiene — e nasconde — un oggetto. Non ci sono etichette, non c’è merchandising. Solo fessure, fori, fenditure che rivelano frammenti, accensioni di materia, bagliori.
È una filosofia del “vedere senza possedere”, dove l’oggetto è sacralizzato attraverso la sottrazione. Il vetro è il protagonista assoluto: doppi, laccati, intagliati a freddo, i bicchieri e i vasi cambiano tonalità a seconda della luce. Alcuni sembrano contenere liquidi colorati, ma è solo un’illusione ottica generata da strati fusi.
Il tavolino di Tomàs Alonso con base in vetro laccato è un manifesto di equilibrio instabile, mentre le brocche in pasta di vetro sembrano prototipi per una collezione di magia da tavola. A chiudere il cerchio, una serie di plaid in cachemire e cestini in pelle dal pattern tartan. Lussuosi, certo. Ma prima ancora: commoventi.
Dior: Sam Baron, Massimo Lunardon e il vetro che sboccia. La Maison riscopre il flacone di Miss Dior
Non lontano da lì, Dior lavora in sottrazione e concentrazione. Niente installazioni spettacolari, niente party. Solo tre vasi-scultura dentro la boutique di Corso Venezia, disegnati da Sam Baron e realizzati da Massimo Lunardon, maestro vetraio di Bassano del Grappa. Hanno forma vegetale, dimensioni monumentali, e un’allure da reliquia laica. Solo otto esemplari, già in lista d’attesa a 15.000 euro l’uno.
Baron parte dal profumo, dai flaconi d’archivio, dal tema del grano caro a Maria Grazia Chiuri nella Cruise 2020. Riscopre il primo flacone di Miss Dior, rievoca le nature morte di Dior, e trasforma tutto in oggetti-talismani. Intorno ai tre pezzi principali, una collezione in vetro soffiato ispirata alla botanica — “Ode à la Nature” — a prezzi democratici, dai 200 agli 800 euro.
Il messaggio è chiaro: la casa è la nuova couture. Non si indossa, ma si vive. Con la stessa precisione, con la stessa estetica.
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Etro, Prada, Miu Miu: tra oggetti da collezione e performance letterarie, la moda è narrazione urbana
Etro ha riscritto il manuale del brand experience: per la mostra “5 THREADS, 40 YEARS” ha omaggiato il tessuto Arnica (Paisley spalmato, resistente e poetico) regalando uno sgabello pieghevole agli ospiti. Risultato? Una fila da festival rock. Tre stanze, un tappeto continuo, luce rasoterra e installazioni sensoriali.
Miu Miu, invece, trasforma il Circolo Filologico Milanese nel proprio Literary Club, un’ode alla parola scritta. Tema di quest’anno: “A Woman’s Education”.
Testi di Simone de Beauvoir e Fumiko Enchi, letti da attrici e intellettuali, in uno spazio che mescola cultura e silenzio, velluto e riflessione. Sold-out immediato.
Prada rispolvera Gio Ponti: il Treno Arlecchino diventa installazione mobile, viaggio immaginario, celebrazione del design come utopia. L’esperienza non è in vendita, ma innesca uno storytelling globale.
Missoni, Gucci, Saint Laurent: la materia parla, la storia si fa forma
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Daniele Conforti