
Infradito Estate 2025: Il Ritorno della Scarpa Più Controversa del Decennio
Non è una moda. È una strategia. Un linguaggio. Un cortocircuito culturale calzato con leggerezza: l’infradito, flip-flop per i globalizzati, è tornata a prendersi la scena, senza chiedere il permesso e senza alcun bisogno di difendersi. Perché, oggi, il gusto – quello autentico, trasversale, fluido e non ideologizzato – passa anche da qui: dal feticismo per il basico. Dalla voglia di disobbedire al dress code, facendo leva proprio sull’oggetto più detestato (e desiderato) dell’ultimo ventennio.
Lo confermano i dati di Google Trends: le ricerche legate alle flip-flop sono aumentate del 57% su base annua. Un’impennata che non è solo termometro stagionale, ma indizio estetico. Siamo davanti a un fenomeno di rinegoziazione della moda, in cui ogni categoria viene stravolta: il brutto diventa bello, l’informe diventa silhouette, il trascurato si fa scelta, il cheap si carica di significato.
La resurrezione Y2K parte dai piedi
È l’onda lunga dello Y2K, che non molla la presa e continua a saccheggiare con metodo la decade dei jeans bootcut, delle canotte a rete, delle cinture larghe con fibbie fin troppo visibili. Ma soprattutto della sciatteria glamour, quella consapevole e costruita, che nel 2025 si trasforma in dizionario stilistico condiviso. L’infradito, in questo contesto, è una bomba semantica: ricorda i pomeriggi d’estate con il ghiacciolo in mano, ma si indossa sotto il completo sartoriale. Evoca i mercatini di souvenir e finisce tra le vetrine di The Row.
Se nel 2007 significava turismo di massa, oggi la flip-flop è nuova moneta fashion. E se prima parlava solo di relax, ora sussurra sfida. Il che la rende un accessorio intrinsecamente attuale.
L’infradito vista dalle passerelle: da Chanel a Balenciaga, il caso è aperto
Demna lo ha capito prima di tutti: la sua scarpa Zero, presentata nella pre-fall 2025 di Balenciaga, è un’infradito che non lo è, un ibrido concettuale che ricalca la forma del piede e si aggrappa all’alluce come fosse un gesto tribale. Un gesto spiazzante, da leggere come provocazione ma anche come dichiarazione di intenti: tornare all’essenziale, anche se scomodo.
Chanel e Casablanca propongono flip-flop con platform monolitiche che sembrano uscite da una spiaggia cyberpunk. Dries Van Noten ne fa un esercizio di texture, con pelliccia sopra e minimalismo sotto. Ferragamo e Proenza Schouler scelgono il tacco: quello sottile, nervoso, che riecheggia le estati anni 2000 ma le trascina fuori dal cliché.
Miu Miu, ovviamente, decostruisce tutto e ricostruisce altro: le Mary Jane si aprono in punta, rivelando la forma segreta della flip-flop, quasi fosse una nota a piè di pagina nel testo dell’eleganza. Loewe, invece, flirta col trompe-l’œil: la sua infradito nera sembra cucita sul piede come un orlo invisibile.
Luxury meets gomma: The Row, Dolce & Gabbana, Havaianas
Quando Mary-Kate e Ashley Olsen decidono di far pagare 670 sterline per una flip-flop nera con suola rossa, non stanno solo testando i limiti della loro fanbase. Stanno celebrando il paradosso. Perché il prezzo non è mai solo un numero: è una narrazione. E The Row quella narrazione la scrive meglio di chiunque altro.
Nel frattempo, Havaianas si prende la scena con 5 collaborazioni in 6 mesi: Dolce & Gabbana, Zara, Gigi Hadid, Patta, TwoJeys. Ognuna con la sua chiave, ma tutte con la stessa missione: elevare il quotidiano. Farne qualcosa di collezionabile, virale, carico di significato. Il tutto senza abbandonare la matrice democratica del brand, che resta fedele al suo manifesto tropicale e alla sua anima brasiliana.
Ipanema, il suo rivale più agguerrito, non resta a guardare: tartarugate, fluo, eco-friendly. Le infradito diventano accessori da capsule e non da discount.
Maschile infradito: dalla vergogna alla visibilità
Fino a qualche anno fa, vedere un uomo in infradito in città era un’esperienza disturbante per molti. Un corto circuito culturale. Il sandalo aperto era prerogativa del turista spaesato, dello zio con i piedi gonfi, dell’amico che non aveva capito il dress code. Eppure, nel 2025, Bradley Cooper passeggia per Manhattan con un paio di infradito ai piedi. Non per protesta, ma per coerenza estetica. Perché in un mondo dove l’eleganza ha perso l’assoluto, anche la libertà del piede può diventare una dichiarazione di stile.
Chris Hemsworth, australiano e dunque geneticamente predisposto, non ha mai smesso di indossarle. Chris Pine le porta come porta le sue polo sdrucite: con la sicurezza di chi se ne frega. E Nigo, da Kenzo, rilegge i sandali zori giapponesi in chiave urbana e post-mod. Nessuno, oggi, ride più. Nemmeno Brunello Cucinelli, che nella sua collezione SS25 lancia infradito neutre, perfette sotto un completo beige con risvolto a vivo.
Città vs Spiaggia: la flip-flop come arma di ambiguità
C’è un elemento che rende l’infradito particolarmente attuale: la sua ambiguità. Non è mai totalmente dentro né completamente fuori. Non è elegante, ma nemmeno volgare. È borderline per definizione, come tutte le cose che spostano davvero il discorso estetico. Ed è per questo che, nella città arroventata di luglio, diventa l’alleata perfetta di look oversize e tailoring destrutturato. Perché è lì che funziona: nel contrasto.
Pantaloni larghi, blazer morbidi, camicie oversize e flip-flop minimal. Un cocktail di eleganza precaria e sofisticazione spontanea, capace di parlare un linguaggio preciso a chi lo sa ascoltare. Il trucco è tutto lì: saper bilanciare. Un piede nudo chiede un tessuto prezioso, un’andatura casual richiede un taglio couture.
Storicamente, l’infradito non ha bisogno di autorizzazioni. Ne portavano versioni rudimentali gli Egizi. I sandali zori giapponesi hanno ispirato la versione moderna negli anni ’60, sdoganata poi dai surfisti californiani e dalla controcultura estiva. Negli anni 2000, erano ovunque: da Abercrombie a Paris Hilton, da Coachella a Rimini. Poi, come tutto, sono crollate sotto il peso del proprio abuso.
Il loro ritorno non è casuale. È un sintomo. L’ennesimo segnale che la moda, oggi più che mai, è un dispositivo semiotico in cui nulla è mai morto, ma solo in attesa di essere rifunzionalizzato.
Ecco perché l’infradito, oggi, è dappertutto: ai piedi di Hailey Bieber con pantaloni a vita bassa e blazer oversize, ai piedi di Irina Shayk al Festival di Cannes, ai piedi delle influencer che hanno sostituito le sneaker chunky con flip-flop nude e discrete.
Daniele Conforti