Perché i prezzi di Chanel continuano ad aumentare?
Ci abbiamo fatto l’abitudine: i prezzi di Chanel continuano ad aumentare. È la maison stessa ad ammetterlo, attraverso le parole del CFO Philippe Blondiaux a Bloomberg. I prezzi di Chanel vengono ritoccati due volte l’anno, a settembre e a maggio.
L’incremento registrato in diversi Paesi asiatici, tuttavia, ha generato una risposta negativa nell’intero mercato del lusso. Lo scorso settembre, infatti, Chanel ha aumentato i prezzi dei suoi prodotti di alta gamma in Cina, Giappone, Taiwan, Thailandia, Malesia e Australia. Gli aumenti vanno dal 6% all’8%, a seconda delle regioni d’interesse.
Una pratica ormai abituale per lo storico brand francese, parte di una strategia volta, da una parte, ad accentuare sempre di più l’esclusività dei suoi prodotti. Dall’altra, è chiaro, la brand equity, e quindi i guadagni, deve essere mantenuta alta (se non incrementata) in un contesto storico e sociale caratterizzato da costi sempre più ingenti e una domanda in leggera diminuzione.
Il boom di richieste di beni di lusso post-pandemia ha infatti subito un considerevole rallentamento; un dato di fatto che ha costretto diverse maison a rivedere i propri prezzi.
Il brand cita, inoltre, le fluttuazioni dei tassi di cambio come un fattore chiave dietro questi aggiustamenti di prezzi di Chanel. Una tattica definita armonizzazione, che tiene conto di diversi fattori. Oltre alle revisioni regolari, infatti, secondo le parole del Direttore Finanziario del brand, Chanel considera anche l’inflazione dei costi di input quando implementa aumenti dei prezzi. Un approccio a supporto di un adattamento alle mutevoli condizioni economiche, per mantenere sempre e comunque una redditività.
Le borse di Chanel raggiungeranno le Birkin?
Interessante il quesito sollevato dalla testata online NSS Magazine: Chanel vuol far diventare le sue borse le nuove Birkin?
Già a partire dalla fine del 2019, poco prima della pandemia, Chanel inizia a rivedere la propria strategia, in particolare nel settore degli accessori di pelletteria come le borse. Inizia aumentando il prezzo delle sue creazioni più iconiche e desiderate, ben di quattro volte nel corso di due anni. Poi, lo scorso ottobre, limita il numero di borse acquistabili in un anno per ciascun cliente.
Questo per un discorso di esclusività, ma non solo. Nel mercato secondhand asiatico vige la pratica dei daigou, vale a dire persone che acquistano in nome di altre persone, talvolta grandi quantitativi di prodotto, per poi rivendere le creazioni luxury a prezzi maggiorati.
La nuova policy riguarda soprattutto le borse più celebri, come la Coco Handle o la Classic Flap Bag. È per questo che si parla di un tentato allineamento in termini di esclusività – scarsità e prezzi – con il top brand in termini di borse, Hermès.
Da una parte facendo potere sul pricing di accessori tanto desiderati, andando sì a soddisfare lo zoccolo duro di clientela elitaria, ma lasciando fuori dalle porte tutti quei clienti aspirazionali che acquistano prodotti di livello base o comunque spendono determinate cifre in maniera occasionale e non costante. Dall’altra proponendo prezzi sempre più alti e non uniformi. Basti pensare che la Classic Flap Bag costa in Cina 80.500 yuan (circa 11.030 dollari), mentre in Francia viene venduta a 9.700 euro (circa 10.230 dollari). 100 euro in meno di quanto cosa una Birkin 30 di Hermès.
Daniele Conforti