La CNMI spera di salvare la moda italiana: ecco come
La moda italiana è pronta a svoltare. La crisi del lusso ha colpito duramente il comparto, gettando ombre su uno dei settori più iconici del Made in Italy. Il mercato globale sta cambiando, e l’Italia, un tempo leader indiscussa, oggi si trova a lottare per la propria sopravvivenza. Eppure, la Camera Nazionale della Moda Italiana (CNMI) non intende restare a guardare.
Con una serie di proposte raccolte in un disegno di legge sottoposto alla Camera dei Deputati, CNMI ha elaborato un piano in sette punti per tentare di salvare la filiera italiana. Come sottolineato dal presidente Carlo Capasa, la priorità è “una ripartenza immediata” attraverso misure che puntano a sostenere le imprese, valorizzare l’artigianato e ristabilire la fiducia nel lusso italiano. Ma come si articola questa ambiziosa proposta?
Un respiro per le piccole e medie imprese
Per molte aziende tessili, il credito d’imposta aveva rappresentato una preziosa risorsa per progetti di ricerca e sviluppo, ma dal 2022 le imprese sono state costrette a restituire i finanziamenti ricevuti. CNMI propone una dilazione decennale della restituzione e una riduzione dell’importo al 30% del totale. Una misura che, se approvata, permetterebbe alle aziende di ridurre il rischio di fallimento, particolarmente alto per le PMI che costituiscono l’ossatura della moda italiana.
Salvare il savoir faire della moda italiana
L’artigianato italiano è da sempre sinonimo di eccellenza, ma il ricambio generazionale è una sfida sempre più pressante. La proposta di CNMI include un pacchetto di incentivi fiscali per le imprese che favoriscono l’occupazione giovanile e il trasferimento di competenze dai maestri artigiani ai nuovi talenti. L’obiettivo? Creare un ponte tra passato e futuro, garantendo che le abilità tradizionali non vadano perdute. “Senza un nuovo patto generazionale, il nostro saper fare rischia di sparire,” ha affermato Capasa.
Benessere e sostenibilità per i lavoratori
Il welfare aziendale è un tema cruciale, non solo per attrarre e mantenere talenti, ma anche per promuovere il benessere dei lavoratori. CNMI suggerisce un aumento dei fringe benefit fino a 4.000 euro per i dipendenti con figli e 3.000 euro per chi non ne ha. Incentivare il welfare anziché aumentare i salari diretti consente alle aziende di ridurre il carico fiscale e, al tempo stesso, di offrire ai dipendenti un supporto tangibile.
Trasparenza certificata
Uno dei punti più controversi della proposta di legge riguarda la creazione di una certificazione esterna per il controllo della supply chain. In un contesto globale in cui la fiducia nel Made in Italy è stata scossa da scandali legati alla qualità e all’etica, CNMI ritiene fondamentale instaurare un sistema di certificazione che garantisca la legalità e la sostenibilità delle condizioni lavorative. “La certificazione deve avere valore su tutto il territorio nazionale,” ha spiegato Capasa, “e stabilire standard che ripristinino la fiducia dei consumatori.”
Visualizza questo post su Instagram
Il rilancio della moda italiana
Per riaccendere l’attrattività della moda italiana sui mercati internazionali, CNMI propone l’istituzione di un fondo dedicato alla promozione del Made in Italy. Una sorta di “Open to Meraviglia” della moda, senza gli errori e le inefficienze che hanno penalizzato l’iniziativa originale, il fondo avrebbe l’obiettivo di rilanciare l’immagine dell’Italia come culla del “bello e ben fatto”. Una misura che mira a difendere il prestigio del brand Italia e a riaffermarlo in un mercato che vede nuove potenze emergenti, come Turchia e India.
Un aiuto concreto alle piccole aziende
Le piccole imprese sono le più colpite dalla crisi del settore, e CNMI non dimentica il loro ruolo cruciale per il tessuto produttivo italiano. La proposta include l’estensione della cassa integrazione ordinaria per otto settimane nel 2025, destinata alle imprese con meno di 15 dipendenti. Un sostegno essenziale che punta a dare un po’ di ossigeno alle piccole realtà e a tutelare i posti di lavoro in un momento di profonda incertezza.
Il patto tra brand e artigiani
L’ultimo punto della proposta CNMI è un invito ai grandi marchi affinché investano direttamente nelle aziende manufatturiere in difficoltà. Con una moratoria sui finanziamenti ricevuti durante il Covid e l’introduzione di agevolazioni fiscali per le partecipazioni di minoranza, l’Associazione mira a promuovere una virtuosa collaborazione tra i brand e le PMI, garantendo così una stabilità duratura alla filiera.
Un nuovo inizio per la moda italiana?
Se la proposta di CNMI dovesse ottenere il via libera, il Made in Italy potrebbe iniziare un processo di rigenerazione che da anni sembrava impossibile. Ma la posta in gioco è alta, e l’approvazione della legge è solo il primo passo. Tra inflazione globale, crisi geopolitiche e la continua espansione del fast fashion, la moda italiana dovrà fare i conti con forze molto più grandi di lei.
Come ha dichiarato Capasa: “Serve una collaborazione tra aziende e Governo per un’immediata ripartenza”. Riuscirà la moda italiana a riconquistare la fiducia dei consumatori e a riaffermare la propria posizione nel mercato globale?
Daniele Conforti