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London Fashion Week: le Sfilate dopo la Scomparsa della Regina

Ricorderemo questa London Fashion Week come quella segnata dalla morte della Regina Elisabetta II. Non che le uscite non siano state memorabili, ma un evento tanto sconvolgente passa, inevitabilmente, in primo piano. Uno smacco inatteso, che ha congelato l’atmosfera nella capitale inglese. I designer si sono trovati improvvisamente di fronte a un sentimento nazionale – e globale – particolarmente indisposto. Non sono mancate, quindi, modifiche dell’ultimo minuto allo schedule ufficiale, da Burberry a Raf Simons.

Sarà questa un’edizione senza festeggiamenti. Il governo britannico ha esortato i designer a non cancellare gli eventi previsti fra il 16 e il 20 settembre, ma semplicemente di rispettare il clima di cordoglio con show consoni. La maggioranza degli eventi del 19, giorno di austero lutto dedicato al funerale della Queen, sono stati spostati al 20 settembre. Il British Fashion Council ha inoltre chiesto a direttori creativi e brand di astenersi dai party e di mantenere un certo low profile.

 

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Il co-ed di Simone Rocha

Alla vigilia dei funerali di Stato per la regina Elisabetta, debutta in passerella l’uomo di Simone Rocha. Perle, maniche a sbuffo, cumuli di tulle e uniformi tecniche invadono l’Old Bailey, la corte penale londinese. Un passo avanti per la designer irlandese che, dal 2012, presenta le sue collezioni nel calendario ufficiale della capitale inglese. Solo che questa volta la visione fluida della direttrice creativa si concretizza in diciassette look destinati anche all’uomo. Trascendendo, in buona parte, dal concetto di genere. D’altronde la stilista si era già cimentata nel menswear poco più di un anno e mezzo fa, quando a febbraio 2021 aveva svelato la collaborazione con H&M come una rosa di abbigliamento femminile, maschile e kidswear.

Sentivo di voler lavorare su questa bellissima mascolinità, come ho fatto nell’ultima decade con la femminilità. Il ruolo che entrambe giocano, come si possono reciprocamente attraversare. Voglio davvero esplorare la fragilità nella mascolinità.

Taffetà, tulle, faille e chiffon, cerniere lunghissime. I fiori si riferiscono alla forza guaritrice della natura, all’echinacea, alla camomilla, alla margherita, che diventa anche un decoro di paillettes.

Volevo trasmettere ora un senso di urgenza, rispetto agli ultimi anni che sono stati come un buco nero. Volevo imbrigliare le emozioni che abbiamo provato e tradurle nei vestiti. Fisicamente, con queste imbracature che si vedono nei pezzi. Forza e fragilità dialogano strabordando dallo stereotipico stampo mascolino.

JW Anderson: natura e tecnologia

«Quando ero all’università (ha frequentato il London college of fashion), venivo qui», spiega Jonathan Anderson. Las Vegas Arcade, a Soho, ospita il womenswear di JW Anderson. Tra hockey da tavolo, flipper e slot machine avviene l’incontro tra umano e digitale. Si delineano così nuove realtà, che siano false o semplicemente diverse poco importa, dove ci si butta a capofitto dimenticandosi del resto. A popolare i capi, stampe di spiagge incontaminate, palme, tramonti infuocati, che per anni sono state impresse sui desktop in standby. Un richiamo mirato che accende una miccia ancora più incisiva, per quanto retorica: stiamo cadendo negli schermi? Stiamo diventando il nostro smartphone? Così, le lettere della tastiera si fanno applicazioni macro disseminate sugli abiti e pavè sui top. Chiude una maxi maglietta che recita Her majesty the queen. 1926-2022. Thank you.

Ci troviamo in una situazione inusuale, ma era importante continuare con lo show. È una cosa che ha che fare con l’industria ed è importante che tutta Londra faccia gruppo. Per i designer giovani è difficile pensare di poter perdere molti soldi (cioè valutando l’ipotesi di annullare i catwalk). È stato importante andare avanti.

Daniele Conforti