L’Esercito Balmain Conquista la Paris Fashion Week
Armature, divise, tribù. La collezione Fall/Winter 2022/23 di Balmain venne inizialmente concepita da Olivier Rousteing con lo scopo di mettere in scena eroi ed eroine avvolti in elementi protettivi, contro bugie, odio e aggressività. Una chiara presa di posizione contro l’influenza del mondo digitale rispetto alle relazioni umane, nata da un’esperienza personale del direttore creativo, rimasto vittima di ustioni diffuse su tutto il corpo. Un incidente che, anziché suscitare preoccupazione ed empatia, ha sollevato la reazione degli hater, provocando attacchi pesanti nei confronti dell’aspetto di Olvier. Un concept inizialmente metaforico, che, oggi, sulla passerella, ha un significato ancora più impattante e incisivo rispetto ai tragici avvenimenti dell’Est Europa. È proprio Olivier ad ammettere un certo disagio nella presentazione di questa collezione.
Lo show, strutturato in tre atti, si apre con una danza infusa di elementi tribali e scenografie futuristiche. I design si preludono estremamente raffinati, eccentrici, con un pizzico di sportswear, estratti da una scena jet-set anni Tremila. Ad aprire il secondo atto è un grande muro luminoso, su cui viene proiettata una frase di Saint-Exupéry. Scrive l’autore di Le Petit Prince: «è molto più difficile giudicare se stessi che giudicare gli altri. Se riesci a giudicare te stesso vuol dire che sei un grande saggio». Secondo Rousteing, questa capacità è in procinto di svanire dai rapporti quotidiani sui social network, dominati da aggressività e pregiudizi.
Credevo che l’innovazione digitale sarebbe stata una forza per un cambio positivo, una nuova strada per scambiarsi visioni creative. Ma ora siamo tutti di fronte a una caduta verticale delle cattive conseguenze delle nostre vite digitali. Sono stato vittima dell’avvelenamento provocato dal potere velenoso del giudizio di anonimi e questo mi ha spinto verso una reazione che contenesse una rinnovata onestà e chiarezza, un cambio radicale su tutto quello che pensavo prima della vita digitale.
Olivier Rousteing
Individui strappati al metaverso e portati sotto i riflettori del Carreau du Temple, sono corazzati da abiti seconda pelle simili a divise da motociclista, percorsi da elementi protettivi. Certo non mancano elementi spiccatamente Rousteingani, come i mini-dress metallizzati e i gilet para proiettili interamente dorati. Niente colori sgargianti, piuttosto pallidi, mai aggressivi, che temperano i design complessi e architettonici. Si gioca con gli opposti: pizzo e placche di metallo, giubbotti sportswear e casual denim, blazer e tute da jogging. Le imbottiture e i gilet sono sovrapposti ad abiti più sensuali, i piedi sono sollevati da terra grazie a mega platfotm e calzature simili a scarponi da sci. Nel finale, un gruppo di modelle sfila con abiti scenografici, proiettati su uno schermo led come se si trovassero in un videogioco in scala reale. qui, i motivi della collezione vengono intrecciati a elementi distintivi della prima sfilata di Pierre Balmain dell’ottobre 1945.
Daniele Conforti