Il Packaging Arancione di Hermès: la Storia di una Firma Stilistica di Lusso e Qualità
Pochi marchi del lusso possono vantarsi di essere tanto facilmente associati a un colore come Hermès. Un arancione brillante, parte essenziale dell’immagine coordinata del brand, che da 185 anni possiede una personalità tanto fortemente riconosciuta da non aver bisogno di trovate del marketing per veicolare la raffinatezza qualitativa e l’identità esclusiva che lo contraddistinguono. «Non abbiamo una politica d’immagine, ma una politica di prodotto», afferma Jean-Louis Dumas, CEO e direttore creativo di Hermès fino al 2006.
Basti pensare che la maison francese non possiede un vero e proprio dipartimento marketing, piuttosto un team creativo per le campagne e un dipartimento di comunicazione per la stampa. Esperienza del cliente ed effettiva qualità del prodotto – per non parlare della sua totale esclusività – sono i due fronti su cui l’impegno di Hermès sfocia principalmente. Troviamo, fra questi, il packaging, un assetto imprescindibile all’espletazione dei valori del brand. Oggi, riconosciamo l’iconico arancione delle sue confezioni. Ma, in origine, esse erano color crema.
Alle scatole color crema con bordatura dorata si andranno a sostituire quelle beige in finta pelle di cinghiale con profilo marrone, che, fino al 1942, definiranno l’eleganza di Hermès. La Seconda Guerra Mondiale rappresenta, per il brand, un inaspettato punto di svolta. Il commercio era pesantemente ostacolato, il cibo veniva razionato: il latte era un bene per ricchi e una famiglia media riceveva ogni settimana poco più di cento grammi di zucchero e circa ottantacinque grammi di carne, ossa incluse.
Non si pensi che una boutique di moda, aperta all’ora già da 105 anni, non risentisse dei difficili ostacoli. Emile-Maurice Hermès, nipote del fondatore Thierry Hermès, era a corto di confezioni e non c’era chi riuscisse a procurargliele. Al suo fornitore erano rimaste soltanto le scatole del colore che nessuno voleva: l’arancione. All’epoca, infatti, a definire il lusso erano colori neutri, sobri e poco vistosi.
Il colore brillante venne decorato con un nastro marrone Bolduc, caratterizzato dal punto sellaio lungo i bordi, e dal logo, raffigurante un fantino mentre osserva un cocchio trainato da un cavallo. Con un’impeccabile operazione di quello che oggi chiameremmo problem solving nacque l’attuale Hermès Orange Box.
Da necessità impellente a firma stilistica: negli anni Sessanta, la nuova estetica della maison venne consacrata dai tre cugini della generazione emergente, Bertrand Puech, Jean-Louis Dumas e Patrick Guerrand, che arricchirono l’arancione con un bordo color marrone scuro. Un vero e proprio indicatore d’origine, fuori dal repertorio Pantone ma facilmente associabile al numero1448. Tanto distintivo da portare Hermès a registrare trademark per il colore in tutto il mondo. Una richiesta rifiutata, nel 2005, dall’Ufficio dell’Unione Europea per la Proprietà Intellettuale. Secondo i giudici, l’arancione è ritenuto un colore troppo comune per essere associato a un singolo brand, che manca di distintività. I consumatori non identificano un marchio in base al solo colore, che, se registrato, originerebbe una concessione di monopolio ingiustificato.
È così che, sebbene in una tonalità più scarica, Louis Vuitton ha potuto scegliere il luminoso color Safran Imperiale, signature, dal 2016, che si unisce all’eclettico blu del nastro, altro colore storico della maison, già utilizzato per le prime personalizzazioni nel 1854.
Oggi, tutti gli ordini, in store e online, vengono consegnati in una scatola arancione avvolta in un nastro Bolduc, ad eccezione di prodotti di profumeria, make-up e bellezza, ricariche per agende e quaderni, libri, oggetti Hermès Editeur, oggetti voluminosi e alcuni articoli da equitazione. Ma attenzione, l’Hermès Orange Box, per quanto prestigiosa e desiderata, non è acquistabile separatamente!
Daniele Conforti