Il Grande Ritorno dell’Orologeria di Cartier
Edoardo VII del Galles lo definisce come gioielliere del re e re dei gioiellieri. Nel 1904, infatti, quando ancora l’orologio viene identificato quasi esclusivamente con il segnatempo da tasca, Cartier crea un orologio da polso per il leggendario aviatore brasiliano Santos Dumont. Decolla qui il secolare successo di un marchio noto non solo per orologi e gioielli, ma anche pelletteria e accessori.
Se nel 1906 il Tonneau è il primo modello del marchio a farsi strada – tanto da essere apprezzato e reinterpretato anche oggi – l’orologio più raro mai creato da Cartier è il Cartier Cheich. Ne esistono soltanto quattro esemplari e uno di essi, dopo quarant’ anni sarà messo all’asta da Sotheby’s a settembre. Il pezzo dovrebbe essere venduto a una cifra compresa fra i 200 e i 400 mila euro – tenendo comunque presente che le case d’asta tendono a sottostimare il valore reale delle proposte per incrementare l’interesse dei potenziali acquirenti.
Lo stimato orologio è figlio di una collaborazione tra l’allora amministratore delegato di Cartier Alain Dominique Perrin e Thierry Sabine, fondatore della Paris-Dakar, oggi nota come Rally Dakar. Il modello è forgiato da tre colori di oro 18 carati, in una combinazione di giallo, rosa e bianco. La cassa, disegnata da Jacques Diltoer, simula con minuziosa precisione tutti gli strati e le morbide pieghe del copricapo in cotone della tribù tuareg, chiamato per l’appunto cheich. Un design liquido, che sembra gonfiarsi assecondato dalla fluidità del vento.
Regalato al motociclista Gaston Rahier, l’orologio commisura la sua importanza alle estenuanti fatiche del vincitore. Alto poco più di un metro e mezzo, in sella a una sproporzionata BMX, Rahier riceve il dono soltanto dopo 15.000 chilometri, da Parigi a Dakar, superando montagne, deserti e pianure. Il motociclista fu l’unico a vincere la Cartier Challenge, che destinava una serie di premi ai vincitori di rally per due anni di fila nella categoria di gara. Un vero e proprio Sacro Graal dell’orologeria di lusso, l’unico della famiglia a essere ancora in commercio. Il set di quattro orologi comprende, infatti, un secondo Cheich, una terza versione più piccola e ricoperta di diamanti pensata per le atlete femminili – due modelli ancora costudite da Cartier – e un quarto offerto dal presidente di Cartier a Sabine, consegnato poi al motociclista Hubert Auriol e considerato oggi perduto – più un mito che realtà.
L’importanza dell’asta risiede quindi nel fatto che questo sarà l’unico modello nelle potenziali mani di un collezionista – pare proprio che Cartier non voglia sbarazzarsi dei due modelli in suo possesso. Il motivo della rarità dell’orologio è che il rally Cartier Challenge ebbe un rapido e tragico epilogo non molto tempo dopo il suo esordio. Nel 1986, Sabine, il fondatore della gara, fu sorpreso in elicottero da una tempesta di sabbia nel Mali dove perse la vita. Nell’ incidente morì anche Daniel Balavoine, un cantante francese molto popolare, insieme ad altre tre persone. Il Cartier Challenge fu cancellato e questo piccolo gruppo di gioielli segnatempo rimase senza fratelli minori.
Questo è un vero capolavoro dell’orologeria e per la sua associazione con il trionfo e la tragedia del leggendario Cartier Challenge, ha raggiunto uno status quasi mitico. Non a caso il mercato ha atteso con ansia la sua prima apparizione all’asta.
Benoît Colson, specialista internazionale di orologi di Sotheby’s
In piena concordanza con l’estetica d’archivio di grande tendenza negli ultimi tempi, tornano i modelli più iconici dell’orologeria Cartier. Primo fra tutti il Cartier Crash, ideato da Jean-Jacques Cartier nel 1967. Si tratta, in realtà, di una modifica accidentale al Baignoire Alongée, giunto nella filiale londinese per essere riparato a seguito di un incidente automobilistico. Il danno è tanto insolito da regalare nuova bellezza al modello.
L’orologio non incarna in modo particolare nessuna delle caratteristiche stilistiche tipiche del decennio e, anzi, si può dire che non incarna del tutto le caratteristiche stilistiche di nessun decennio. Forse è proprio in questo che risiede il suo fascino: la sua natura astratta è in un certo senso trascendente.
Un vero e proprio esemplare di culto, dai collezionisti a rapper del calibro di Jay-Z, Kanye West e Tyler, The Creator. Una nuova attenzione si erige, quindi, nei confronti della bellezza-non-bellezza di pezzi di vecchi cataloghi, specialmente orologi dalla cassa piccola, variazioni del modello Tank o dei Must. Orologi, solitamente, da donna estremamente sottili con quadranti oblunghi o rettangolari con cinturini preziosi o in pelle esotica, insieme a elementi dorati e quadranti dall’aria vintage con numerali romani.
Un design desueto che esula dal concetto di status, superando il rigido dualismo che separava gli orologi da uomo e da donna. Si parla quindi di satus culturale, piuttosto che sociale, un’estetica old money nostalgica e neutrale.
Daniele Conforti