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Fashion Week: da Dior a Kenzo alla Ville Lumière

Da Milano a Parigi. In quest’occasione, però, alla leggerezza si sostituisce l’elevazione del couture a mondi ben precisi, dal rodeo al giardinaggio, dal passato bon ton al presente kinky, da convivialità collegiali a inclusività genderless. Troviamo i classici colossi francesi, da Louis Vuitton nel Cour carrée du Louvre a Givenchy ed Hermès, fino al debuttante californiano Amiri, che aveva rinunciato alla sfilata originariamente prevista a gennaio a causa del Covid. Tra i comeback internazionali anche quello dei brand giapponesi Comme Des Garçons e di Junya Watanabe e, per la prima volta nella Ville Lumière, Craig Green e Namacheko.

Ritorno trionfale quello di Celine, che non presentava al pubblico i suoi capi maschili con un défilé dedicato da tre anni. Disfunctional Bauhaus è l’impeto di Heidi Slimane: un palcoscenico da rockstar in un gioco di traslucenze golden. La luce si fa strada attraverso i pavé di cristalli, mescolati al denim, sulle tuniche, sui tacchi degli stivali da rodeo. Su camicie, T-shirt e gonne, paillettes a non finire, frange come fulmini a ciel sereno.

Dolcezza surrealista per Christian Dior, che sposta la sua Estate in un giardino dalla vivida energia surrealista. È un omaggio alla Granville, dove, in Normandia, monsieur Christian Dior è nato. In occasione del 75° anniversario dalla fondazione della maison, Dior crea una soluzione pratica alla stravaganza, dove formale e informale coesistono. I completi sartoriali, con gli short e i top aperti, rendono esploratori e giardinieri sensuali e innocenti. A fare da contraltare alla fioritura estiva, il grigio che si stempera bel rosa, le tonalità pastello nei blu e nei verdi: una visione inebriante e senza tempo. Così come i cappotti doppiopetto in cashmere riciclato, che si abbinano a pantaloncini realizzati secondo la modellistica degli anni Trenta. Le saddle bag vengono rielaborate e intrecciate come i cappelli a tesa larga che si indossano durante il giardinaggio. La grafica di Ducan Grant, prodotto del movimento Bloomsbury, prende vita in maglie fatte a mano dall’eleganza funzionale.

Natura e progresso sono i temi protagonisti della sfilata Spring/Summer 2023 di Loewe. Jonathan Anderson inscena la personificazione del progresso, che trascende dalla natura. Al taglio minimalista, ai colori asettici, si contrappone la natura spontanea, che sboccia su abiti, scarpe e capispalla.

Avevo in testa l’alta definizione, gli schermi sul volto sono quasi tridimensionali. Sono una finestra sul mondo, noi stessi diventiamo una finestra sul mondo. Si lega a quelle silhouette dove tutto è stato tolto, sono linee nette.

Jonathan Anderson

Per Casablanca, armonia naturale anche nel Futuro Optimisto di Charaf Tajer. che, a La Bourse de Paris, ricrea un tramonto dai toni infuocati su un pavimento come scacchiera aranciata. Nuance che richiamano le origini franco-marocchine del designer.

Il desiderio di un futuro più luminoso dissolve le convinzioni e i confini limitanti, elevandoci a diventare padroni del nostro destino, lasciando che la bellezza del mondo si sviluppi al nostro fianco.

Charaf Tajer

Al centro, una piccola mandria di cavalli ragguardata da un vaquero. Fra chaps e selle, il profumo del cuoio che evapora sotto il sole metafisico. Cowboy estremamente sensuali, fra tinte caleidoscopiche e pezzi da torero dai ricami intricati, in un’interpretazione surrealista della vita nelle praterie. Uno show psichedelico sferzato dal total white della coppia di sposi finale.

La contaminazione è americana per Thom Browne, designer di forte rottura che dona nuove proporzioni all’haute couture. Una collezione in bilico tra passato bon ton e presente kinky, messa in scena nei saloni Crillon, affacciati su Place Vendôme. Trentaquattro le uscite, scandite da palette da ping-pong su cui è inciso il numero dell’outfit. Trionfa il tweed francese, in contrasto con il sospensorio degli atleti statunitensi, aprendo così un dialogo fra Francia e USA. Tocchi di cultura marinara, accenti punk con chiome spuntonate. La tradizione da’ via via spazio al fetish, che culmina in un jockstrap scolpito e ironicamente incrostato di gioielli.

D’altra parte, i marinaretti di Kenzo, al Lycée Carnot, assumono l’aspetto bon-ton giocoso, con il basco calato e le righe breton. Liceali affettati, tra bandierine come foulard e Mary Janes ai piedi. Maxi borsoni, piccole salopette, peluche a fiori come coccarde, completi knitwear, pezzi vichy e cravattine. Kenzo torna in cattedra.

Trionfo atletico per Marine Serre, che, in un campo da corsa, staglia sportivi, famiglie al completo, artisti, muse anni Ottanta, supermodel anni Novanta e, come se non bastasse, Lourdes Maria Ciccone Leon. Le lune, simbolo distintivo del brand, rivestono l’activewear, che lascia spazio a patchwork upcycled di uncinetti e denim. Tenniste scultoree, corridori incantevoli, pugili in accappatoio. Il rugbista francese Kelegh Moutome. Il rapper Joey Starr. Top model come Hanne Gaby, Erin Wasson, Amalia Vairelli. Una Spring/Summer co-ed per festeggiare i sei anni della maison, espressione totale di inclusività autentica.

Daniele Conforti