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Dior sfila tra le Piramidi del Cairo

Dior conquista l’Egitto. Le piramidi di Cheope, Chefren e Micerino sormontano la sfilata Fall/Winter 2023 per l’uomo di Kim Jones. Il vento soffia veemente su creazioni fluide in cui tailoring e vezzi francesi sposano soluzioni estremamente tecnologiche.

Sarebbe stato facile per il direttore creativo rifarsi all’estetica egizia di uno degli show più celebrati di Galliano, quello per la collezione haute couture del 2004. Eppure, in questo caso, le piramidi simboleggiano una proiezione futuristica, carica di una fascinazione millenaria che sconfina fra terra e cielo. Dai riferimenti cinematografici – Stargate, Immortal Ad Vitam, Dune, Il Quinto Elemento – Kim Jones strizza l’occhio a silhouette di Marc Bohan, Yves Saint Laurent e alla donna di Mariagrazia Chiuri. Pensate, nella prima collezione di Christian Dior, datata 1947, sfilò proprio un abito chiamato “Cairo”.

 

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I primi completi sono ben strutturati, figli della tradizione sartoriale di Dior. Superato lo styling, notiamo il savoir faire tradizionalmente francese: leggerissimi pezzi in seta quasi trasparente, lunghi, da portare sopra, non sono né cappotti né giacche, quasi privati di una vera e propria funzionalità. Un vezzo creativo che sfuma dal bianco, al grigio fino al ghiaccio. Quasi a voler far risaltare omaggi velati alla tradizione locale: il papiro irrigidito e lavorato a paglia di Vienna si fa armatura, da portare sopra ai top.

Fra bagliori color giallo canarino e arancione, il menswear di Dior erutta suggestioni genderless sotto forma di gonne e grembiuli plissé, citazioni di costumi tradizionali dell’Antico Egitto. Vengono poi infusi motivi astronomici e simbolismi numerici di cui tanto gli antichi faraoni quanto monsieur Christian Dior erano fanatici (era proprio la simbologia della stella a portare fortuna al fondatore del marchio).

Importante anche l’attributo tecnologico. I tradizionali motivi Cannage e Diamond si trasformano in nuovi apparati decorativi per calzature e top, che includono tecniche come la pannellatura in neoprene ad alta frequenza e lo stampaggio a iniezione alle finiture in metallo anodizzato. Dalla strada ci sono le felpe a maniche corte con lavorazioni jacquard e anorak in tessuto tecnico. Vanno insieme a berretti con visiera e veletta reticolata rigida per coprire il volto, cappelli a metà tra la cloche e il pillbox e elmetti che rimandano, proprio come la maggior parte delle calzature, che sono stivaletti tecnici fitti di metallerie, al motocross.

Come in un passaggio dalla terra alle stelle, si conclude la palette neutra per dare spazio a fantasie galattiche: l’ultimo look riporta la stampa ad alta definizione di una lontana galassia ottenuta da un telescopio NASA. 75 uscite per celebrare i 75 anni dalla fondazione della maison.

Kim Jones trattiene le lacrime, applaudito da un parterre fitto di stelle, da Naomi Campbell a Lewis Hamilton, fino a Lila Moss, Robert Pattinson e i designer Erl e Stefano Pilati.

 

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Alla vista, una passerella ultra galattica. Ma che, una volta superata la superba maestria creativa e manifatturiera, lascia l’amaro in bocca. In relazione, principalmente, alla liceità degli show esotici organizzati in giro per il mondo. Vedremo, nel corso di questo dicembre, addetti ai lavori, entourages e celebrities viaggiare dal Cairo per Dior, a Dakar per Chanel, a Los Angeles per Celine, a St. Moriz per Pucci e Armani, per poi tornare a Parigi per Jacquemus.

Insomma, un dispendio immenso – e forse non così necessario – fra risorse economiche e carburanti per il trasporto. Poco consoni alle scelte apparentemente eco-conscious che caratterizzino qualsiasi marchio dalla moda più alta fino ai fast fashion. È importante sottolineare, tuttavia, come lo show organizzato da Dior sia stato con ogni probabilità fortemente voluto dal Ministero del Turismo Egizio.

Proprio nel Grand Egyptian Museum o Museo di Giza, che deve aprire al pubblico tra un mese, sempre Dior ha presentato la capsule collaborativa con Tremaine Emory di Denim Tears, quasi a stringere ancora di più il legame tra moda, jet-set e il totale rinnovamento di tutte le strutture turistiche con cui il paese intende attirare il pubblico da tutto il mondo, facendo dimenticare le numerosissime violazioni dei diritti umani che il regime di Abdel Fatah al-Sisi commette ancora oggi e che i delegati del COP27, tenutosi a Sharm el-Sheikh in novembre, non hanno potuto fare a meno di notare.

NSS Magazine

Insomma, una commistione fra moda, politica ed economia, una congiuntura di estetica ed etica che riflette il panorama moda di oggi. Onnipotente, prestigiosa, inarrivabile, tanto ricca di bellezza quanto di contraddizioni e, molto probabilmente, effettivamente molto interessata a catturare gli sguardi di quella clientela araba che, a discapito di uno scenario economico sempre più aspro, sarà tra le uniche a continuare a spendere con liberalità nel lusso.

Daniele Conforti