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L’effetto che l’addio di Sabato de Sarno avrà su Gucci

L’annuncio è arrivato con la stessa precisione tagliente di un bisturi: Sabato De Sarno non è più il direttore creativo di Gucci. Un comunicato stringato, freddo, privo di orpelli, ha sancito la conclusione di un capitolo che sembrava appena iniziato. E così, mentre il panorama della moda assiste già a cambiamenti sismici con l’addio di Kim Jones a Dior e i rumors su Casey Cadwallader da Mugler, Gucci si trova ancora una volta senza una guida creativa, lasciando molti a chiedersi: cosa è andato storto?

L’addio prematuro di Sabato de Sarno

Le voci sulla fine del rapporto tra De Sarno e Gucci non erano nuove per chi segue le dinamiche interne dell’industria. Indizi disseminati sui social e un’atmosfera sempre più tesa avevano già lasciato intendere che qualcosa non andasse. Eppure, la rapidità con cui si è consumata la rottura sorprende. È evidente che la decisione fosse maturata da tempo, considerando che la prossima sfilata co-ed del brand alla Milano Fashion Week sarà firmata dal design studio interno, lasciando intuire che De Sarno non fosse più operativamente coinvolto da mesi.

 

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Le ragioni dietro l’addio sembrano affondare le radici in una serie di pressioni crescenti. In un mercato del lusso globale segnato da una crisi generalizzata, la strategia di rilancio di Gucci, guidata da De Sarno, non ha generato i risultati sperati. Il problema, tuttavia, appare più complesso di quanto un singolo nome possa suggerire.

Quando creatività e strategie commerciali non parlano la stessa lingua

L’approccio minimalista e raffinato di De Sarno, inaugurato con il suo debutto alla Milano Fashion Week nel settembre 2023, sembrava promettere una nuova era per Gucci. Lontano dal barocco eccesso di Alessandro Michele, De Sarno ha proposto un’estetica pulita, dominata dal “Rosso Ancora”, un colore che ha avuto un impatto straordinario online con un aumento del 365% nelle ricerche su Google. Eppure, questo successo cromatico non si è tradotto in vendite. La domanda è: perché?

Il problema potrebbe risiedere nella dissonanza tra la visione creativa di De Sarno e la strategia commerciale di Kering. Mentre la passerella puntava a una raffinata sobrietà, le collezioni nei negozi sembravano oscillare tra logomania e un minimalismo non abbastanza definito. L’elevato prezzo di vendita dei prodotti ha creato una barriera per il consumatore aspirazionale, lasciando Gucci intrappolato in una terra di nessuno: troppo caro per il segmento entry-level, troppo debole per il lusso più esclusivo.

La sensazione è che il brand abbia subito una frammentazione interna, con una mancanza di fiducia nelle intuizioni del suo direttore creativo. L’incoerenza si è riflessa non solo nei prodotti, ma anche nelle campagne di marketing, spesso criticate per la loro mancanza di immaginazione. Le campagne su sfondo bianco di David Sims e iniziative come l’esperienza con Apple Vision Pro hanno lasciato il pubblico freddo, privo di quella meraviglia che il nome Gucci dovrebbe evocare.

Sabato de Sarno è il capro espiatorio di una crisi più ampia

Se la figura del direttore creativo rappresenta il volto di un brand, è altrettanto vero che dietro ogni collezione c’è una macchina complessa fatta di dirigenti, team di merchandising e strategia commerciale. Il fallimento delle recenti stagioni di Gucci non può essere attribuito interamente a De Sarno. La sua visione, per quanto imperfetta, puntava a riportare il brand a una concretezza che, in realtà, era necessaria dopo anni di eccessi.

Gucci, tuttavia, non è un brand che può permettersi di essere troppo razionale. Il suo DNA affonda le radici in un immaginario hollywoodiano, fatto di edonismo, fascino e desiderabilità. La moda di Gucci non deve solo essere indossabile, deve ispirare, sedurre, catturare l’immaginazione. E qui sta forse il più grande errore: nel tentativo di correggere la rotta, il brand ha perso di vista ciò che lo rende unico.

De Sarno, con il suo background solido da Valentino e la sua estetica raffinata, poteva essere la scelta giusta, ma senza una strategia aziendale coesa e un supporto deciso, anche le migliori intenzioni possono fallire. È difficile non notare come la sua uscita sia stata accompagnata da dichiarazioni formali e prive di slancio emotivo, quasi a voler chiudere il capitolo senza troppi rimpianti.

Il futuro incerto di Gucci

Con De Sarno fuori dai giochi, la domanda ora è: chi prenderà le redini di Gucci? La maison ha bisogno di una visione audace, capace di riconnettersi con il pubblico e con la sua storia. In un mercato sempre più competitivo, dove anche giganti come Dior e Fendi stanno affrontando cambiamenti significativi, Gucci non può permettersi ulteriori passi falsi.

Il prossimo direttore creativo dovrà navigare tra la necessità di innovare e il dovere di preservare l’eredità del brand. Dovrà essere qualcuno in grado di bilanciare il glamour con la concretezza, l’audacia con la commerciabilità. Ma soprattutto, dovrà essere un visionario capace di far sognare di nuovo.

Daniele Conforti