Il grande ritorno di Fiorucci: si parte dalla MFW di settembre
Torna in passerella la coppia di angioletti vittoriani che durante gli ultimi decenni dell’ultimo secolo ha stregato il panorama modaiolo milanese, in una commistione tra arte pop, inclusività ed eclettismo. Parliamo di Fiorucci, che negli ultimi anni ha visto svariati tentativi di rilancio e sperimentazioni con diversi direttori creativi. Oggi, grazie a Dona Bertarelli, l’imprenditrice svizzera mente del rilancio, Fiorucci si prepara a riacquisire hype, anche agli occhi del mercato statunitense, dove negli anni Settanta aveva riscosso parecchio successo.
Il debutto – se così si può definire – avverrà il 17 settembre, nel primo giorno della Milano Fashion Week, ma fuori dalla schedule ufficiale della Camera della Moda. Queste le parole di rammarico per l’esclusione dal calendario ufficiale, espresse dal CEO Alessandro Pisani a MF Fashion:
È mancato un allineamento con l’associazione, credevo fosse più semplice essere inseriti, soprattutto per la liaison con il museo. Fiorucci è un brand milanese e abbiamo un’opportunità unica di usarlo per celebrare l’estro e la genialità storica del fondatore.
Il brand individua come location la Triennale di Milano, che a partire dal 6 novembre ospiterà anche una mostra dedicata all’archivio del memorabile fondatore, Elio Fiorucci. Ci si aspetta uno show teatrale, con tanto di collaborazioni con giovani artisti emergenti.
Il rilancio di Fiorucci dopo un periodo di ombra
Perché Fiorucci ha perso desiderabilità? Effettivamente, di questo brand, fino allo scorso anno, se ne parlava poco. I due angioletti erano diventati sinonimo di una moda stanca, polverosa, che si rifaceva ai decenni di splendore e ricchezza culturale, lontani dall’austerità degli anni del primo decennio del Duemila.
La scomparsa nel 2015 del fondatore Elio Fiorucci, cuore pulsante dell’estro magnetico del brand, e l’acquisizione da parte di una società giapponese negli anni Novanta hanno contribuito alla perdita di credibilità del marchio, che da eccellenza del made in Italy si è trasformato in un pretesto commerciale di bassa fascia, privandosi pian piano dei suoi colori estrosi e provocanti.
Il 2023, tuttavia, segna un anno importante per il rilancio del brand, con tassi di crescita del 15% su tutti i canali. Oltre alla mostra dedicata al fondatore, curata da Judith Clark, il CEO Pisani accenna l’apertura di un nuovo headquarter concettuale a Milano e, tra il 2025 e il 2026, la consacrazione della prima boutique milanese di Fiorucci.
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Perché Elio Fiorucci è considerato il primo Cool Hunter
Carico dell’esperienza presso il negozio di scarpe del padre, e in seguito a una pubblicazione delle sue prime coloratissime galosce in plastica sulla rivista Amica, Elio Fiorucci compie il leggendario viaggio nella Swinging London degli anni Sessanta. Si inebria del senso di libertà e trasgressione che impregna la città, importando la moda inclusiva, quella che viene dalla strada, in Italia.
Un nuovo concetto di moda, un made in Italy che si differenzia dal classico concetto di brand. Ispirato da negozi come Biba e mercati come quelli di Carnaby Street, Elio Fiorucci apre il suo primo negozio in San Babila (Galleria Passarella, a Milano), progettato dalla designer Amalia del Ponte. È il 1967 e la moda italiana vede per la prima volta l’inaugurazione di un concept store. Magliette, jeans, pezzi vintage si mescolano a dischi e libri in una sinfonia di ispirazioni poliglotte.
Il successo milanese riecheggia a New York dove soltanto nove anni dopo viene replicato il concept store. Fiorucci diventa presto il luogo preferito da intellettuali ed artisti. Raccoglie Truman Capote, Basquiat, Haring e Warhol. Una Madonna in erba performa davanti a un giovanissimo Marc Jacobs.
Nascono i primi abiti firmati Fiorucci
Dobbiamo aspettare gli anni Ottanta per assistere alla commercializzazione della prima linea Fiorucci. Si tratta di abiti per il tempo libero, tra cui fanno capolino i jeans, per la prima volta stretch, ossia prodotti con un tessuto misto tra lycra e denim.
Nel frattempo, la fama di Fiorucci porta artisti tra cui Keith Haring e Colette a Milano. Il concept store si trasforma in un tripudio di arte: lo stilista comincerà a utilizzare modelle in carne e ossa in vetrina e commissionerà una linea di abbigliamento a Colette, chiamata Deadly Feminine Line.
Sensualità, divertimento e libertà, ma anche tanta trasgressione. Indimenticabili i manifesti del brand, liberamente freschi, ironici e maliziosi, in un mélange di cartoon, bondage, sesso e lolite naif. Un affronto ai codici borghesi, fatto di grandi contrasti cromatici, una serie di manifesti inconfondibili che vede l’assidua collaborazione con Oliviero Toscanini.
Tra stampe – leopardata e militare le sue preferite –, impermeabili trasparenti, monokini e bikini, la popolarità del brand andrà via via scemando, in particolare dopo la scomparsa del fondatore, nel 2015, all’età di ottant’anni. Ma oggi il mercato è pronto al suo Rinascimento e noi non vediamo l’ora di accogliere nuovamente Fiorucci nei nostri cuori – e sulle grucce dei nostri armadi.
Daniele Conforti