Il furto delle Tabi e l’impennata di Margiela
La calzatura più desiderata e controversa di sempre torna a far parlare di sé. In realtà non ha mai smesso di farlo, ma pare che le Tabi di Maison Margiela stiano vivendo un vero e proprio rinascimento, guidato dal potere multimediale dei social media.
Un incontro di Tinder andato male, condiviso su TikTok, ha generato un interesse positivo per le Tabi in aumento del 200% nell’ultima settimana, scalando la classifica del Lyst Index. In un momento tanto decisivo per il fashion system, che dai red carpet del Festival del Cinema di Venezia si sposta a New York per l’inizio dell’ennesimo Fashion Month, gli occhi sono puntati sul caso del Tabi Swiper.
Il furto delle Tabi e il caso virale del Tabi Swiper
Ricorda un episodio di Sex and The City, ma oggi la protagonista è Alexis Dougé, founder del marchio knitwear Maddi & Danii, che ha deciso di condividere su TikTok la sua disavventura. Anche lei, come Sarah Jessica Parker, si trovava nella matassa di vie di New York, impegnata in un appuntamento con un ragazzo conosciuto su Tinder.
Lui, 23 anni, alto 1,75 e di nome Joshua, la incontra per la prima volta a SoHo nella vita reale, prima di chattare sull’app. Nasce da subito un’interessante intesa. E il primo punto di incontro, tanto affascinante quanto sospettoso, sono proprio le Tabi di Alexis.
Era piuttosto insistente nel volermi rivedere e frequentare. Così, in fretta e furia, è venuto da me e siamo andati a letto insieme. Prima di andare a letto insieme stavamo chiacchierando di moda e di come lui volesse molto delle Tabi.
La mattina successiva, Joshua convince Alexis a prestargli il cellulare, con la scusa di volerle mostrare una playlist di Spotify che pensava potesse piacerle. Più che una carineria, un escamotage per cancellare il suo numero e tutti i suoi dati dal telefono di Alexis. Perché? Perché stava per mettere in atto un furto.
Alexis, al suo risveglio, si trova privata delle sue preziosissime Maison Margiela Tabi Mary-Jane da 990 dollari, regalatele dal padre per il compleanno. La situazione è da subito chiarissima: Joshua, prima di uscire, le aveva nascoste sotto i suoi abiti oversize.
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Alexis condivide allora quanto accaduto sul suo profilo TikTok. Da qui, un’investigazione che neanche Sherlock Holmes. Riceve infatti un messaggio da parte di una terza persona, che afferma di conoscere la vera fidanzata di Joshua, a cui, guarda te, era appena stato regalato un paio di Tabi. In breve tempo arriva anche la prova fotografica di questa ignara fidanzata con le Tabi rubate ad Alexis. Nel mentre Alexis viene nuovamente in possesso del numero di cellulare del suo truffatore.
Gli ho mandato uno screenshot della sua ragazza che indossava le mie Tabi e ore dopo ho ricevuto un messaggio che diceva: “Va bene, mi hai fregato, ti ridarò le tue scarpe, puoi togliere il video? “… La gente mi sta incolpando per qualcosa che non ho fatto.
Risponde così l’uomo, dopo aver tentato di offrire 500 dollari in cambio del silenzio di Alexis, che, grazie al potere di TikTok, ha ricevuto le sue Tabi.
Il giovane ladruncolo viene così denominato Tabi Swiper, protagonista di una vicenda dall’impatto mediatico tale da far lievitare la richiesta delle scarpe più riconoscibili e antiestetiche di sempre.
Tabi: il codice per eccellenza di Martin Margiela
Precisiamolo: Martin Margiela non ha inventato le Tabi. Le ha rese semplicemente le scarpe più iconiche e riconoscibili della storia. Sono simili a uno zoccolo: le Tabi prendono il nome dal termine tambi, che letteralmente tradotto significa strato di pelle. La loro caratteristica distintiva? Separano il pollice dal resto del piede. Un dettaglio che le rende totalmente antiestetiche, eppure estremamente attraenti.
Le prime Tabi sono in realtà dei calzini, popolari a partire dal XV secolo in Giappone. I calzini avevano una spaccatura sul davanti, per adattarsi ai sandali infradito tradizionalmente indossati all’epoca insieme al kimono. Si pensava, poi, che la punta divisa potesse favorire l’equilibrio e che fosse una strategia olistica di riflessologia per una mente più equilibrata e chiara, utile per combattere malattie e stress.
Originariamente, il colore dei calzini Tabi indicava lo status gerarchico di chi li indossava: oro e viola per la classe superiore, blu per la classe operaia, qualsiasi altro colore per i samurai, bianco per le occasioni speciali.
Nel 1921, Tokujirō Ishibashi aggiunge al calzino una suola in gomma, per dare vita a una scarpa adatta alle attività all’aperto, che prende il nome di Jika-Tabi. La spaccatura della punta inoltre aiuta l’agilità ed è utile ai lavoratori manuali e agli agricoltori, mentre le chiusure metalliche, chiamate Kohaze, che ancora oggi sono replicate nelle Tabi di Maison Margiela, servono a fissare la scarpa nella parte superiore, come dei moderni bottoni.
Anni dopo, lo stilista Martin Margiela porterà gli stivali Tabi nel mondo della moda. Reduce dagli atelier di Jean Paul Gaultier, nel 1988 il designer fonda il proprio marchio. Ispirato dal Giappone, propone la forma Tabi, giudicata da diversi calzolai come eccessivamente radicale e di poco appeal.
Solo quando Geert Bruloot, il primo rivenditore a rifornire la linea di scarpe di Margiela nella sua boutique di Anversa, gli presenta un artigiano italiano di nome Zagato, si iniziano a creare i primi pezzi limitati. La prima acquirente delle Tabi è la stilista Ann Demeulemeester, del famoso gruppo dei Sei di Anversa.
A quei tempi la mia ispirazione era ancora molto accademica. Molto british del 1900, modelli di scarpe maschili su forme femminili, con tacchi alti che sembravano grossi visti di lato e piuttosto stretti visti da dietro. I pellami scelti, l’assemblaggio e la finitura erano quelli utilizzati nelle calzature tradizionali da uomo.
Martin Margiela
Nell’estate di quell’anno, al Café de la Gare di Parigi, si alza il sipario sulla prima collezione di abbigliamento femminile di Margiela. Per la Primavera/Estate 1989, le modelle, grondanti di vernice rossa, sfilano con visi velati su una passerella in cotone bianco, lasciando una scia di impronte di dita spaccate.
L’impronta più importante della carriera di Martin Margiela, che trasformerà proprio quella passerella macchiata in un top legato con del nastro adesivo marrone come look di apertura della sfilata per la collezione successiva.
Il successo non è istantaneo, ma la mancanza di budget costringe il designer a riproporre per più collezioni la stessa calzatura. Lui stesso ammette come nelle stagioni successive si sia ritrovato a dipingere gli originali con vernice per pareti.
Con il tempo, le Tabi Shoes diventano sinonimo identificativo della Maison e, anche dopo il ritiro dalle scene di Martin Margiela nel 2008, la silhouette dello zoccolo rimane nelle calzature di ogni stagione, reinventato sottoforma di sneaker, ballerina, fino a diventare unisex.
Daniele Conforti