La Donna Sovversiva di Paco Rabanne
Addio alla disco futuristica, addio alle donne francesi anni Settanta. Chaos, un po’ di violenza e rabbia. Julien Dossena porta Paco Rabanne in terre ancora inesplorate, sulle orme dell’innovazione risolutiva del fondatore. Una sensualità radicale, borderline, si muove su una passerella di impalcature metalliche, trasportata da combat boot incatenati. Contrasti e mescolanze di materiali e texture. Non mancano riferimenti bondage, kilt dall’allure punk, latex fetish tanto leggero da sembrare seta.
Furono proprio i materiali inusuali a garantire al marchio, nel lontano 1966, un successo pluridecennale. All’Hotel Georges V di Parigi metallo, plastica, rhodoid e alluminio composero i dodici abiti della prima collezione della maison. Abiti audaci, provocatori, una trasposizione delle antiche armature su stile sperimentale e avanguardista. La collezione fu uno scandalo nella Parigi di quei tempi e non fu immune alle critiche, Coco Chanel lo definì “Il metallurgico della moda” per aver scosso le ostinate tradizioni dell’haute couture.
A scaturire lo scambio di direzione, la reazione del direttore creativo alla guerra in Ucraina. Si esprime, così, la passione che precede l’ingresso nel conflitto, attraverso un vero e proprio esercito di guerriere. Trame siliconate si modellano sul corpo come fossero armature, abbracciandosi alle mesh metalliche e colando su tutù sovversivi. Una femminilità senza compromessi, al cui rigore si contrappone il caotico mélange cromatico degli abiti bondage, un omaggio al lavoro dell’artista e decoratrice Anne Gelbar.
I’m going to make you sweat (ti farò sudare), martella il brano che accompagna lo show. E, alla fine, l’esercito punk scivola sulle note del brano Break my soul, ultima hit sfornata dal talento virtuoso di Beyoncé. Fu proprio Rabanne a introdurre, per primo, la musica durante la passerella.
Daniele Conforti