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Hermès: Non È Tutto Oro Ciò Che NFT

Arte e bellezza sono due concetti ora congruenti, ora opposti. Eppure, vengono accomunati dalla soggettività dello spettatore. E se entriamo in un nuovo mondo, un mondo digitale e miliardario come quello degli NFT, in cui non solo gli aspetti sensoriali dell’arte, ma ogni suo componente è intangibile, ci accorgiamo come rimangano sovente ignote, inibite dall’hype della novità, le leggi che governano questo mondo. Una nuova dimensione categoricamente rifiutata da diversi artisti, come Kanye West, abbracciata da molti altri, da Johnny Depp a Prada.

È il caso di Hermès a farci riflettere. Una questione mediatica venuta alla luce lo scorso dicembre, quando Mason Rothschild presentò cento esemplari di Meta Birkin all’Art Basel Miami. Un progetto tanto creativo quanto remunerativo: una delle borse è stato venduto poco dopo a 42mila dollari. L’indignazione dei fan e della maison stessa – che vende le creazioni fisiche per cifre che si aggirano attorno ai 10mila dollari – è culminata lo scorso venerdì, con la consegna da parte di Hermès di una citazione di quarantasette pagine contro il creator Rothschild – descritto come «uno speculatore digitale che sta cercando di arricchirsi velocemente» – al tribunale del Southern District di New York.

Dalla sua parte, Rothschild si appella al Primo Emendamento, che garantisce libertà di parola, descrivendo le Meta Birkin come un’astrazione giocosa in un monumento esistente della cultura della moda. La maison, come previsto, non concorda.

Rothschild si limita a fregare i tratti distintivi della famosa Birkin aggiungendo il generico prefisso ‘meta’. Non ci sono dubbi che questo successo è emerso grazie al suo uso confuso e diluito dei noti trademark di Hermès.

La Meta Birkin potrebbe quindi ostacolare la capacità di offrire prodotti e servizi che rispecchino davvero gli standard di qualità della maison, motivo per cui la label chiede la chiusura delle attività di Rothschild, l’abbandono del dominio e il pagamento dei danni, inclusi i profitti derivati dalla vendita degli NFT Meta Birkin. Dopotutto, l’incubo peggiore per qualsiasi brand è che il proprio prodotto venga distribuito nella completa ignoranza delle policy interne, andando a toccare leve tanto sensibili come il prezzo e, addirittura, l’aspetto del bene stesso.

Il titolo di artista non conferisce una licenza per utilizzarne le fattezze in maniera calcolata, per ingannare il consumatore e indebolire l’abilità di quei segni di identificare Hermès come unica fonte di prodotti venduti sotto il marchio ‘Birkin’.

È una discussione che ruota attorno al concetto di espressione artistica. La controparte, dopotutto, cita il caso Andy Warhol. La sua raffigurazione delle lattine di zuppa Campbell’s deriva dal diritto dell’autore di produrre e mettere sul mercato un’opera che raffiguri le suddette lattine di zuppa. Proprio come Rothschild ha fatto nella riproduzione digitale di un noto modello di borsa ricoperto di pelliccia colorata. «Non sto creando o vendendo borse Birkin false» ha affermato Mason Rothschild. «Ho realizzato opere d’arte che raffigurano borse Birkin immaginarie ricoperte di pelliccia». E mentre lui dice alla sua community su Instagram di non sentirsi affatto intimidito, Hermès gli ha dato già appuntamento. Ci si vede in tribunale.

Daniele Conforti